Giorno 6 - 31/1
Uccellini che cantano Freschetto nell’aria e nell’acqua della doccia.Mattinata di Missioni: Duo Gaietti incontra i referenti dell’associazione locale Kape e recupera quasi tutto il materiale necessario. Squadra Bajana (la canzone) carica dura a far le prove.
A colazione nel “bar” della guest house, trovo Tamm che fa cose burocratiche al pc alle prese con l’invio di documenti: “ti chiedono anche il certificato di essere in vita!”, grandi bestemmie tecnologiche per installare programmi e softwear… difficile qui come ovunque. Siamo sotto una bella tettoia in legno coperta come molte costruzione, di frasche di palma secca, affacciata sulla strada variopinta e trafficata da mezzi e animali vari. Colazione a 3 dollari con frutta molto buona. Mettono canzoni Italiane anni ‘60, mi domando se sia in nostro “onore”. Dio il pane! quanto mi mancava! Pane, è poi pane da toast, che in Europa lo guarderei schifata. Qui è oro! Pane margarina e marmellata!
…non abbiamo ancora un nome per lo spettacolo. Proviamo il n’ della Trave, quella a cui è appesa la Venerabile rotante e sostenuta da due coppie di persone in colonna (una sull’altra). Il fatto che ci sia sempre qualcuno/a da sostituire a causa di dolori o problematiche intestinali è normale ma complica le cose e allunga i tempi. Sostituendo gaietti, ci si accorge che Tamm fa una colonna un po’ gobbetta e molto molto tenera, comunque funziona bene.
Proviamo “baiana” all’ombra in terrazza, con le capre nel campo affianco che ogni tanto si uniscono belando ed un topino che vive nel tetto...Ino mica tanto. Ci piace molto questa guest house tutta nel verde e con molti spazi aperti e coperti.
Le prove musicali vanno molto bene, ovviamente servirebbe molto più tempo ma tiriamo assieme una roba ascoltabile, contando l’esperienza musicale generale e le varie timidezze a cantare, ballare e tenere il ritmo.
Pausa pranzo confermiamo la scaletta. La nonna ci racconta dei bei pesci putrefatti che ha visto al mercato. Siamo tutti un po’ overstimolati. Scopriamo che farsi fare il bucato costa 1 dollaro alla guest house e la metà fuori, dall’altra parte della strada, bah. Salsa d.G. e Razzo aspettiamo un sacco per mangiare, probabilmente perchè son stati gli ultimi ad ordinare, tanto che rischiano di non fare a tempo per poi partire per lo show. Mentre aspettiamo passano le mucche lungo la strada che divide a metà il quartiere in cui soggiorniamo, scorrono inesorabili davanti al cortile del ristorante.
Kampong Chhnang, sembra più verde e c’è caldo ma c’è una bella arietta che mitiga e addolcisce il clima.
Arriviamo alla pagoda in cui ci esibiremo, c’è un grande albero al centro con una panchina di cemento rossa sotto. Nel viaggio molti animali, cani e polli in mezzo alla strada che Sarin è abituato ad evitare.
Primo spettacolo, primo villaggio: Sembrano esserci poche case ed un mercato pieno di banchetti incastrati. Il cibo viene tenuto tutto all’aperto, sia le verdure che la carne. In questo villaggio c’è una pagoda con tanti bimbi curiosissimi e con grandi sorrisi. Helloo ti gridano, e noi facciamo lo stesso. Mentre montiamo e aspettiamo di cominciare siamo terribilmente infastiditi dai megafoni, che grattano aria e timpani ad un volume disumano. Ci domandiamo quale sia il contenuto della nenia che subiamo al pari di una tortura, immaginiamo sia una lezione o qualche tipo di preghiera. Il Duo Gaietti sono andate al mercato e vengono guidate dalla gente per trovare un caffè, trovato dal tipo più simpatico del villaggio. In ogni regione avremo referenti e associazioni locali differenti. A Phoum Chad, la location di oggi ci accoglie uno sciame enorme di bambini curiosi, di molte età che creano un lago di ciabatte per entrare. Nel bagno come al solito non c’è luce. Grande agitazione per la routine di “cordezio” (corda molle e trapezio) perché non si può provare prima dello show per non svelare il numero e perchè servono 5 persone, le più forti che abbiamo, per reggere la struttura. E’ letteralmente la 3’ volta che proviamo il numero. Prima volta in scena le colonne umane con la Venerabile appesa per i capelli, difficile tanto quanto sembra. Ietti ha battuto la testa sulla tettoia salendo in colonna per il tergicristallo (figura di portes acrobatico), hanno riso tutti e per fortuna lei non si è fatta male.
Ora siamo in furgo che rientriamo, parliamo delle nostre impressioni sullo spettacolo, di quel che ci è piaciuto e di come migliore ciò che non andava. Ci rendiamo conto di dover essere meno mentali e meno contemporanei, più terra - terra e cavolate.
Insomma tutto molto improvvisato, vorremmo avere più tempo per le prove. Tempo che non c’è.
“Non ci si affeziona alle proprie idee, scrivere vuol dire riscrivere” _Sara canfailla e Jolanda di Virgilio_ Legge Ietti lo ricollega allo spettacolo; “non è quello che sognava da bambina.”
Sarine è sul pezzo, si può dire che è un cambogiano svizzero; …ma ha avuto un po’ fretta di caricare, siamo un po’ preoccuparti per l’attrezzatura, a volte ci sembra potrebbe trattarla meglio. Sarebbe importante capire cosa dirgli e che uno di noi gli parli a’modino, invece spesso ci rivolgiamo a lui in piccoli gruppi e risulta tutto ancora più confusionario.
É ormai buio. Le “Nonne” condividono un sacco di frutta strana e pannocchie, presa al mercato. Io girotondo tra i banchi e mi son sentita un po’ strana, una sensazione vicina ad essere fuori luogo/aliena.
Con gli autoctoni comunichiamo principalmente a gesti, ogni tanto ci facciamo scrivere le cifre, cominciamo a spiccicare qualche parola malamente di khmer. Mi sento molto buffa quando cerco di spiegarmi, basta non prenderla sul personale e non aver fretta… comunque accettare di avere un potere decisionale molto limitato. Mi servono una zuppa di noodles più o meno a sorpresa, mentre un uomo magrissimo ciondola in giro in botta dura. Una bimba chiede l’elemosina, le diamo frutta, ci chiediamo se sia fatta di colla.
Camminando per quello che individuo come centro, osservo i banchini che affollano i bordi delle strade; Provo sensazioni contrastanti per le ghirlande di lucine, led sui ponti, le installazioni luminose sugli alberi e appese ai lampioni… lontani ricordi di sagre in Calabria. Tutto un altro stile, stesso gusto.
Scopro che un tizio ruba la birra a Polpett lasciata per un attimo sul tavolo. Ci chiediamo se sia colpa della colla: è la prima volta che assistiamo ad un gesto del genere, qui in Cambogia.
Più volte ci domandiamo l’un l’altro se rimangano fazioni di Khmer Rossi. Al momento lo stato è governato da un monarca (figlio di Sihanouk) ma è una monarchia rappresentativa, ci sono 2 “Man of the party” dei quali uno tiene il paese in sottosviluppo dal ‘78, si dice che facesse parte del governo di Angkar dei Khmer Rouge Siamo tutti un po’ confusi, riguardo alla situazione politica reale, abbiamo cercato di informarci prima di lasciare l’Italia ma arriva tutto a pezzi, e principalmente storia superata. E menomale c’è Tiziano Terzani. La Matrona aveva trovato un bel documentario sulla musica negli anni ’60 ma lo hanno tolto da YouTube prima che potessimo vederlo.
Ci arriva notizia di un nostro amico, in Italia, che cadendo da un letto a soppalco si è danneggiato il corpo: storie di costole e arterie che s’incontrano. Ovviamente siamo tutti un pò’ preoccupati.
La luna continua a crescere, quando sono arrivata a Bangkok era sottile, una buccia di profilo, ora ha superato la metà. La Matrona mi porge un fiore di ylang ylang, lo annuso e l’odore mi porta in un viaggio dolce e leggero, una coccola sospesa. Mi rendo conto di quanto siano preziosi gesti del genere quando si fluttua a migliaia di kilometri da casa.
In generale stasera avverto un clima di leggerezza. Arriviamo alla “nostra terrazza” alla guest, facciamo un programma per le prove di domani e il risultato è sempre il solito: mano a mano, canzone, intro della corda. Ah! il diablo, che ancora non è andato in scena. Riprendiamo a confrontarci sull’andamento dello show. Alla Venerabile e alla Matrona è piaciuto molto, anche secondo Shanti il pubblico ha apprezzato è andato bene per essere il primo in “piazza”. Ietti diceva che li abbiamo asfaltati, probabilmente è stato molto lungo il tempo prima di cominciare, non so se intendesse la nostra preparazione o la “conferenza” dell’ong prespettacolo. Nei villaggi non ci possiamo aspettare le stesse reazioni che abbiamo in Europa. La risposta è differente e in momenti diversi, anche perché a volte basta una parola in inglese per svoltare una scena. Invece qui dobbiamo impararle in khmer. Che poi a Mondulkiri nemmeno lo parlano, ci ricorda santo, studente n°1 della lingua asiatica.
Alla sera , quando facciamo balotta, stiamo bene però!
Giorno 7 - 1/2
Ci chiamano Barang (stranieri) ma i bambini sono molto curiosi, sorrisi sdentati e occhi accesi di curiosità.
Qui a Kampong Chhnang, nostra città base, è meglio contrattare e pian piano impariamo a farlo tutti. C’è questa gran contraddizione tra amichevole curiosità e voglia di spillarci soldi. A proposito di contraddizione, ieri ho preso un dolce, era ripieno di carne, non ho ancora capito se mi piacesse o no.
Colazione con frutti alieni dai colori inaspettati e sapori dolci e sorprendenti… ecco un cibo che ci mancherà assai una volta rientrati. Le tre Gaie raffreddate, Durian finalmente bene. Razzo fuma delle sigarette molto diffuse in questa zona, sono al mentolo ma se le schiacci sanno di fragola.
Polpet non trova il telefono, ore di panico per poi trovarlo nel letto scarico. Robin accetta di aver definifivamente perso gli occhiali. Impariamo a non mettere cose importanti nei sacchetti di plastica”, è facile che vengano scambiati per spazzatura.
Perdiamo tempo tra cercare un posto in cui provare i numeri dello stettacolo ed esigenze personali, alla fine non proviamo il mano a mano, ci sentiamo frustrati. Invece molto produttiva la lezione di canto con la Matrona, alla quale partecipa il coretto formato da Ietti e Salsa d.G., mentre i percussionisti provano con Poja e Durian, altrettanto fruttuosi. Cantare con la timidezza mette in difficoltà a modulare il suono mantenere il ritmo. Poi facciamo una generale tutti assieme, comincia ad essere una sorta di ensemble.
A pranzo definiamo chi sta alla tecnica. Poi parliamo di come organizzare meglio il gruppo perché negli appuntamenti e spostamenti c’è tanta dispersione e questo crea situazioni di attrito.
Pronti per un nuovo pomeriggio di esibizione, viaggiamo su una strada sterrata e un bel tempio sulla sinistra. Sarebbe bello fare spettacolo in un posto così... ah! È proprio qui! esultazione generale per il comune di Timor Kleo Village. Pagoda molto bella, poco pubblico, ancora diverso da ieri. Forse siamo un po’ troppo contemporanei nell’esibizione. Comunque qui sono più timidi, anche i bimbi.
Oggi mi sento stanca e ovattata dal raffreddore, questo mi mette un pò in difficoltà nel comunicare all’interno del gruppo. Desidero immensamente una giornata libera.
Plastica, plastica e immondizia ovunque.
Giorno 8 - 2/2
Da ieri sera c’è un’afa potente, si suda a star fermi, il sole oggi scalpella la testa. Oggi spettacolo più laboratorio, in generale non c’è molto entusiasmo per insegnare ma Ietti e Polpett, hanno un piano. Ci divertiremo. Nel viaggio la Venerabile e Nudols tirano fuori il torrone, attimi di commozione nel gruppo.
Guido si ferma e apre il cofano del van!! allerta generale… dice niente e sembra davvero niente.
Si parla di cosa fare domani, abbiamo la giornata libera. La Matrona ci aggiorna su Angkor Watt a Siam Riep, il più grande luogo di culto al mondo, ed è subito 8 meraviglie del mondo main theme.
Un bimbo che pesca nella risaia dentro ai suoi pantaloncini arancioni è un lampo dal finestrino. In questa zona si raccolgono le conchiglie salate che abbiamo provato nel viaggio verso Kampong Chhnang. All’unanimità dichiariamo meravigliosi i bufali d’acqua. Qui il paesaggio è leggermente meno piatto. Alcuni umani bruciano l’erba in un campo al posto di tagliarla. La spazzatura cammina con noi, ovviamente lontano dai villaggi ed in mezzo a… tutto!
Ripenso allo spettacolo di ieri, c’erano poche persone. Una nonnina presa benissimo, risate in momenti inaspettati ma verso le 19 le persone hanno cominciato ad allontanarsi e rientrare.
Nella scuola dove sono previsti i nostri laboratori di circo di oggi a Chorng Mong fra le risaie e un tempio, sono arrivati circa 300 bambini. Tanti e inaspettati, ci avevano detto che i partecipanti sarebbero stati un’ottantina. Dopo aver tentato di dividerli in gruppi abbiamo optato per la soluzione “all together”, perfetto! É stato uno scambio divertente. Abbiamo proposto giochi di gruppo che per noi sono comuni, adattando le regole ai costumi del luogo. Ci preoccupiamo per l’abbigliamento delle bimbe, perchè loro vestono gonne lunghe e nere, chiaramente inadatte all’attività circense ma siamo molto felici di scoprire dal referente che l’associazione è contenta di spronare i giovani a superare le barriere di abbigliamento. Le bimbe nascondevano dei pantaloncini corti sotto le gonne ;)
Dopo le attività ci siamo fermati un’oretta tra le risaie dal verde acceso, in paesaggi molto diversi dalla città. Finalmente ci siamo presi il tempo per osservare. Udiamo versi di animali mai sentiti, i cani ululano in lontananza. Mi incammino sola tra i campi di riso verde esplosivo, mucche che vanno in ogni direzione. Odore dolciastro e di trattore, animaletti di cui conosco solo il “que que que”, il concerto rigenerante del mulino in legno e bamboo mi affascina per diversi minuti. Una ruota gigante che evidentemente serve a portare acqua ai campi che si autoalimenta grazie alla corrente del fiume. La pace dell’acqua che scorre, pace debole ma che si sente forte anche nel caos leggero.
Le mucche strappano con foga l’erba tra l’immondizia, mentre gli abitanti salutano da lontano con sorrisi di curiosità. I bambini che erano al corso, corrono ridendo di me tra i cortili, come se i confini non esistessero. In tutta la nazione, le femmine di qualsiasi età, spesso sfoggiano dei completi e tutte le volte penso siano in pigiama.
Rientrando in pulmino, notiamo che le attività commerciali sono a zone, che siano banchetti o negozi, quelli che vendono le stesse cose stanno vicini.
Durian conferma, non gli piace fare laboratori perché “si sente utile come un buco di culo sul braccio” (cit). I traduttori hanno fatto un gran casino quando gli chiedevano di tradurre gli esercizi e cercavano di aiutarci ad organizzare le cose ma alla fine abbiamo perso un sacco di energie.
Siamo nella nostra terrazza, fa molto caldo.
Chiedo a Nudle come si è trovato al laboratorio di oggi: risata dubbiosa. Non ha paragoni, “ci vorrebbe più tempo… bene, si è divertito. I bambini cambogiani spaccano” continua. “Timidi a loro modo, rispettosi e meno dispettosi rispetto agli occidentali. Alcuni molto paurosi, soprattutto dal diablo e dal devilstick.” Siamo consapevoli di esser partiti presi male per il numero di partecipanti, avevamo aspettative molto alte rispetto al regalo che gli stavamo facendo. Il primo momento epico e forse il più divertente: l’acchiapparella! Arrivato dopo lunghi momenti di immobile disagio e incomprensione. Ci sembrano molto più svegli fisicamente dei bimbi italiani, che spesso non si lanciano così tanto nelle attività. All’inizio una delle Volontarie li ha disposti in modo marziale, mettendoli in fila, per loro doveva essere del tutto normale e quotidiano ma a noi ha colpito molto. Discutiamo alla leggera se poter fare più ore di laboratorio e meno e se abbia più senso lasciargli gli attrezzi. Poi con Durian e la Venerabile capiamo come cambiare la scaletta.
Mi rendo conto che in questo gruppo, spesso i momenti di relax si mescolano con il lavoro. A me personalmente non dispiace, anzi mi mette a mio agio, soprattutto se la comunicazione funziona.
Finiamo la serata giocando a dadi, quale gioco migliore da viaggio? piccolo e con mille possibilità. Ci gasiamo con “Killer”, quando Razzo perde vorremmo concedergli qualche punto in più per continuare la partita ma lui rifiuta, effettivamente non avrebbe senso.
Giorno 9 - 3/2
Ci svegliamo appiccicosi. Ha piovuto stanotte, fuori è tutto bagnato. Una goccia cadeva sul comodino di piastrelle e gli schizzi colpivano Durian in faccia. Prima risata del mattino.
Ietti sfodera un cocomero da bowling.
Partiamo all’esplorazione nel nostro giorno libero. qualcuno affitta degli scooter mentre un gruppetto ricarica di pochi dollari Sarin e parte col Van. Sarin ha 41 anni.
Si vedono pochi anziani, riflettiamo sul fatto che gli anni 70 non son mica così lontani, purtroppo degli adulti di allora non rimangono molti superstiti. Non sembra esserci una gran povertà diffusa, sono molto poveri solo alcuni.
Stiamo andando a Chhnuk Tru, dovrebbe esserci un floating village un po’ più industriale/commerciale. Nel viaggio parliamo del programma a Mondulkiri e di come migliorare lo spettacolo. Il fatto di non essere in tanti agevola il dialogo.
Arriviamo al fiume che è anche un lago, il Tonlè Sap; Baracche di lamiera blu su palafitte, alcune proprio sull’acqua. Anfore nella melma, lance colorate e puntute. Tutti gli animali sono più magri, probabilmente sono specie diverse.
Facciamo un giro nel mercato locale, ancora su terra ferma: teli verde scuro a far ombra a merci, persone, animali… polvere, tanta polvere. C’è un’ampia zona adibita al cibo e qualche gazebo instabile pieno di vestiti. Incontriamo signore simpatiche che conquistano i nostri cuoricini. Odore di pesce, forte, intenso e costante nel suo tenore ma variegato negli aromi.
Finalmente troviamo una barca disposta a farci fare un giro, è sempre complesso per noi capire a chi e come chiedere. Aspettando, ho perso tempo con dei bimbi, 6 o 7 di varie età. Abbiamo riso e scherzato molto facendo facce buffe, emettendo versi fantasiosi e a grandi gesti ci siamo presi in giro a vicenda, il bello è che nessuno si è offeso.
Camminiamo verso la barca su un tappeto di conchiglie fetide che sembrano un mosaico sulla scarpata di terra secca e rifiuti che scende dalla strada e arriva al fiume, mentre un ragazzetto ci supera agilmente… a piedi nudi. Saliamo su una lancia in legno, con quei buffi motori in cui l’elica montata su un palo lungo un paio di metri fa anche da timone. Il rumore è molto forte quindi parliamo poco e ondeggiamo molto. Guardiamo con grandi occhi che non bastano a memorizzare tutta quella novità.
Usano sacchi e reti colme di plastica per creare lo strato galleggiante di zattere e casette. Vediamo bimbi piccoli che fanno il bagno nell’acqua marrone e densa mentre poco più avanti un uomo si immerge, sembra stia lavorando o aggiustando qualcosa. Anche Salsa di Gioia e Nudols hanno una gran voglia di farsi un bagno.. “poi guardi l’acqua e ti passa!”
Notiamo molti minorenni, bambini, che lavorano, calando soprattutto reti da pesca e raccogliendo piante acquatiche. Un tizio con una lancia razzo che porta un casco integrale da moto ci supera liscio. Muri di paglia intrecciata e capanne fatte di teli e bambù con solo il tetto. C’è un essiccatoio galleggiante fatto di lamiera da cui esce una quantità di fumo da ogni intercapedine. Mi sento sempre un po’ fuori, vorrei che la barca ci portasse tra le baracche, nei canali infogliati. Vorrei giocare con quei bimbi che ci salutano dalla scuola fluttuante. …e come vi descrivo la struggente maestria dei pescatori che lanciano la rete in mezzo al lago con gesto ampio e preciso? Gabbianelle e rondinelle turbinano sull’acqua, ogni tanto ci aprono la via. Notiamo sistemi ad imbuto per il recupero dell’acqua e uno scivolo tra il camion sulla strada e la barca ormeggiata vicino alla riva che serve a caricare le merci. uhooo! c’è il distretto dei parrucchieri. Sotto una grossa tettoia galleggiante, stanno tante persone sedute ma non capiamo se sia un matrimonio o un funerale.Erano vestiti tutti di bianco, una donna col velo di fronte ad un uomo. Una gabbia dorata con su un ritratto. Sembrano allegri, cibo e musica.
Proseguiamo nelle acque che si allargano. Paesaggi grigi e fatti di nulla che poi lontano tornano ad essere fiume. Il timoniere ci porta in una pagoda sulla riva del fiume. Esploriamo il piccolo sito cercando di non offendere nessuno, sorridiamo alle parole incomprensibili dette dai personaggi che popolano il luogo assieme a qualche monaco, scopriamo la Mimosa Pudica che chiude le foglie se la tocchi. Natura verde meravigliosa. Usciamo dalla zona densamente abitata, i miei occhi godono del fogliame selvaggio che lambisce il fiume. Poi appena c’è un’abitazione ricomincia la discarica: buttano la plastica come se fossero bucce.
Mentre rientriamo in pulmino, mi nutro dei colori vividi della Cambogia. Ietti nota l’altezza degli alberi, la Matrona riporta il pensiero di Terzani, dice che son così alti perché si sono nutriti di sangue umano.
Ma qui hanno un sistema di tasse? Forse. I ricchi. C’è una classe politica che è sempre la stessa e sono iper corrotti. Sono lì da quando è crollato l’ultimo bastione del regime di Angkar, nel 2003. I Khmer Rossi nacquero tra gli anni sessanta e settanta, quando la Cambogia era un paese neutrale, in realtà faceva passare nel suo territorio sia i vietgong che le truppe statunitense. Quando nel ’75 finì la guerra del Vietnam, gli Stati Uniti abbandonarono i territori del sud est asiatico lasciando orrore e devastazione. Fu allora che l’esercito dei Khmer Rossi, capitanato da Pol Pot marcia dal nord fino alla capitale destituendo il re Sihanouk e istallando il governo di Angkar, partito ultranazionalista comunista, autarchico, anti-intellettuale con il ruralismo come ideale principale. Gli Khmer rossi portarono alla morte circa un quarto della popolazione in meno di quattro anni, senza contare le morti collaterali provocate dalla fame e la miseria. Dopo la liberazione della Cambogia da parte del Vietnam, Pol Pot e i khmer rossi ricostituirono nel 1979 un movimento armato in funzione anti-vietnamita e anti-sovietica alla frontiera con la Thailandia, con il sostegno di Stati Uniti, Cina e Thailandia. Angkar ebbe fine formalmente nel 1981, quando si riorganizzò nel Partito della Kampuchea Democratica, rinunciando formalmente all'appellativo di "comunista". Fece così parte del Governo di coalizione della Kampuchea Democratica, che occupò il seggio della Cambogia all'ONU per diversi anni, godendo di ampio appoggio internazionale, dissolto dopo aver cambiato nome solo nel 1993. L’ ONU non ha mai condannato Angkar per le atrocità commesse e Pol Pot, ideatore e realizzatore di quel incubo, morì nell’98 nel suo letto senza essere mai processato e condannato.
“La pagoda in cui volevamo vedere il tramonto rientrando dall’esplorazione acquatica, è chiusa dai militari ovviamente non capiamo perchè.
A kampong, i monaci sembrano più sorridenti.
Foulard rosa nel cielo e la luna che mi osserva. La sciarpa rossa khmer era il simbolo dei contadini ,presa come simbolo dagli khmer rossi contro gli intellettuali, che ammazzavano.
C’è troppo traffico per attraversare la strada quindi cambio direzione, a volte sembra impossibile attraversare quel fiume schizofrenico.
Al mercato donne che ammazzano e tagliano a pezzi il pesce con grossi coltelli, altre, al telefono, scacciano distrattamente le mosche con bastoni di bambù con legato un sacchetto. Tanti mi salutano, molti sono uomini e bambini, ogni tanto mi sento a disagio; una ragazza nella confusione mi dice beautiful. Nella bottega di due anziani, ci sono due bambini che lavorano davanti agli strani ingranaggi di una macchina che lavora la canna da zucchero.
Mi fermo al centro della diga-strada ad assorbire l’intorno. Rumore di traffico sopra al rombo del fiume e l’ormai abituale odore sgradevole di molluschi avariati, simile ad un odore di uova.
Mi addentro nel nulla per annusare le stelle. C’è un’afa pazzesca. Costeggio la riva, sopra. alla mia sinistra c’è un ponte pedonale di legno parecchio alto e poetico. Sotto vedo le lance passare. Più mi allontano dalla città più l’umidità aumenta. Mangio una frittata inaspettatamente troppo dolce e troppo salata. Dimenticate ogni aspettativa o voi che entrate! È buio, la luna è quasi piena ma non capisco cosa siano le coltivazioni ai lati!. Odore di erba dolce, piselli? Fiori? Grilli e una pompa che si attiva in lontananza.
Vengo sorpresa da uno scooter mentre faccio la cacca in un campo. Mi pulisco malamente con una foglia e con nonchalance mi ricompongo. Nonchalance scarna visto che sono sudata fradicia e appiccicosa, gli abiti non scorrono. Mi sento una carta moschicida. Ormai gli insetti mi evitano che sennò rimangono incollati... Magari! Magari mi evitassero.
Mi chiedo come facciano a far l’amore in queste baracche di lega, lamiera e stoffe. voglio dire, non c’è privacy.
Ci sono piccolissime lucciole che lampeggiano veloci. Ne ho viste solo un paio. Non dev’essere stagione. Odore di copal e subito dopo di fuoco vagamente sintetico , alias plastica… Statua di una divinità femmina, la prima dall’inizio del viaggio, in una palafitta dallo stile colonico. In una capanna di teli impermeabili in plastica c’è una donna magra con il seno scoperto. Non voglio essere più invadente di quello che già mi sento di essere quindi distolgo lo sguardo, forse si sta lavando. Mi chiedo se quelli che vivono dalla parte del fiume siano più poveri di quelli che stanno sopra strada, nelle capanne di legno, più durature.
Poi una ragazzina di 17 anni mi si affianca e scambiamo 2 parole in inglese traballante. I ragazzi son sempre molto felici di scambiare chiacchiere in inglese. Ha un nome che finisce per rose.
In una bottega dei ragazzini mi vendono 3 manghi, sono tutti molto giovani. Mi vendono anche una birra calda ma mi faccio dare del ghiaccio.
Giorno che non lo so
Polpett è la sdaura orientale che fa il meteo zodiacale, l’orosPoco: oggi piove sui gemelli, saette per gli scorpioni, brezza primaverile per i toro... si parla già del costume. Ma che oroscopo/calendario hanno qui? Sono Buddisti, non sarà quello cinese però. Leggiamo che il buddismo cambogiano, nella sua forma Theravada è antichissimo, tramandato direttamente dal Buddha originale. Prima e forse durante, comunque si sviluppa anche l’induismo.
Giorno 10 - 4/2
Gran Umidella e odore rancido di pollaio. Guardare l’orizzonte è come cercare San Luca da Castel Bronx (alias Castel maggiore) (essendo il bolognese notoriamente nebbioso)
Dalla pianura di Kampong Chhnang spuntano delle colline verdi, una ha una grande cava rossa,come a decapitarla. Gli alberi sono alti.
Nella scuola Koh Kandal ci sono mucche e galline che girano libere e nel cortile ci sono i banchetti con il cibo, come quelli che trovi per strada. Spettacolo in una splendida pagoda. Tanti dipinti, tanti monaci e tanti monaci bambini e proprio qui incontriamo una scrofa con la sua scrofina, sono lente a camminare ma velocissime a scappare. E’ un posto di pace in mezzo al verde.
Finalmente abbiamo finito di costruire il numero di mano a mano, finalmente inserito in spettacolo. Nonostante i buchi di scena siamo soddisfatti.
Siamo contenti che l’associazione che ci aiuta con il planning approfitti dei nostri spettacoli per distribuire cibo e saponi. Ci piacerebbe sapere cosa dicono anche se a grandi linee abbiamo un’idea dei contenuti. È la prima volta che fanno anche cibo (noodols pronti) non riusciamo a capire l’entità della povertà. Hanno motorini in cui salgono anche in 4 e qualche bici. Alcuni bimbi mangiano i noodols secchi e poi ci bevono sopra acqua.
Guardo l’ombra del pulmino investire campi e canali affianco a me. Adoro la luce delle 17,30, il tramonto, che fa riflettere foglie e costruzioni nelle pozze tra steli di riso mietuto e loto. Ho sentito molti di noi dire che dopo un po’ questi paesaggi sono tutti uguali, a me ancora non hanno stancato.
I locali si muovono solo in lo scooter, non amano camminare. 10 minuti a piedi sembrano un percorso lungo. Ma qui fa caldo e di notte ci sono solo cani in giro “a piedi", anche se non sono per niente aggressivi.
Mentre una gallina becchetta un mango in terra, dei ragazzi giocano a bocce sul lato della strada nella terra tra polvere ed erba. Dopo cena ci attardiamo coi bimbi del mercato.
“Razzo cammina piano che cade tutto” “hai i piedi che fanno aria calda” “Succhia le piastrelle, poja!” Dice la Venerabile a causa di un involontario versamento di jinro, una bevanda alcolica con una gradazione al 16%. “Inseminiamo tutto” Il Poja ha parlato! Mettiamo i semi nel tempio dice Shanti. “facciamo banchine nel fiume” propone Polpett “Vi capita mai di sentire i vostri denti?” Chiede Gaietti Decisamente siamo un bel gruppo da balotta.
Giorno 11 - 5/2
Mi alzo e non me ne accorgo. Nuvoloso.
Partenza h 8 per i laboratori nel distretto di Apiwath, ma alle 13 dovremmo essere liberi.
Ieri sera ci confrontavamo sul fatto che il gruppo è rallentato rispetto ai nostri standard personali e che comunque richiede dei compromessi. È difficile perché siamo un gruppo numeroso ed ognuno ha le proprie esigenze e preferenze, ed è giusto assecondarle nei momenti liberi. Qualcuno proponeva dopo il lab di fare spettacolo in piazza in centro a Kampong, vicino al mercato, nel tardo pomeriggio. Vediamo come va la giornata.
Prima di pranzo incomprensioni e malumori vari. Siamo tutti un po’ fragili. Decidiamo di far riunione verso le 21 e pomeriggio libero per tutti
Solite risaie e palme, due crescono curve così vicine da creare mezza luna.
Una donna in motorino porta uno strano oggetto, da dietro ci sembra una lampada, avvicinandoci e superandola ci accorgiamo che è la flebo di una bimba che porta davanti…
Tendenzialmente i cambogiani sembrano felici di stare al centro dell’attenzione.
Penso che facciano case a palafitta per avere grossi spazi d’ombra ventilati nella stagione secca ed essere al riparo dagli allagamenti nel periodo dei Monsoni.
Ci siamo beccati il tramonto al porto di Kampong Chhnang (porto delle terre cotte), posto magico e dai colori bruni. E’ diverso dal centro città, che comunque è accanto. Ci sono palafitte altissime, roba di dieci metri, tutte accavallate l’una sull’altra a costruire un'enorme muraglia di legno al lato del fiume, abitata, e mucchi agglomerati di casette l’una incastrata alle altre oltre la riva libera usata come zona artigianale. Imbarcazioni lunghe e rumorose si muovono su e giù, colorate e laboriose. Altre giacciono solitarie a riva. Anche le case hanno i colori che gli pare ed ovunque è pieno di odori accesi. La luna che improvvisamente sorge sdoppiata dalla riva opposta del Tonlè Sap è rossa.
Alla fine dopo un pomeriggio libero (chi a pedalare e molti a dormire) si risolvono tutti gli stress a cicchetti.
Siamo una grande attrattiva per i bimbi Cambogiani, che si divertono a giocare con noi e a sfotterci un bel po’. Noi ridiamo con loro, incantati dalla profondità dei loro occhi scuri.
Giorno 12 - 6/2
A volte quando arrivi nelle scuole, i bambini ti accolgono correndo incontro al Van. “Barang” letteralmente: “Francesi” ma usato in generale per tutti gli “stranieri”. KGNOM BARANG!! Io straniero.
L’organizzazione cambogiana è molto singolare per alcune cose. Insomma, sembra assurdo detto da noi italiani, ma ai nostri occhi sembra molto a spanne a volte. Questo ci porta (a noi gruppo) a stare più sul pezzo, comunque.
Ad esempio, stamane a Klong Popok cominciamo i laboratori alle 10:30 come da programma, secondo il quale sarebbero terminati alle 12,30, alle 10:50 ci comunicano che alle 11:00 i bambini sarebbero andati a casa… Riusciamo a tirare fino alle 11:30 facendo un minishow.
Giorno 13 - 7/2; si viaggia!
Dopo le foto di rito con i vari gestori, alle quali ormai siamo abituati, partiamo verso Svay Rieng.
Nel viaggio assaggiamo degli spiedini di enormi rane - KonCap -alla brace, scopriamo che il petto è una sorta di salsiccia con peperoncino, zenzero e secondo me cocco.
Il disagio per il sedile mancante è in aumento, con tutti gli zaini a bordo e diverse ora di viaggio. Pian piano saltano fuori cuscini e sistemi per accomodare l’11cesimo in s-comodo.
Passiamo sopra al Mekong, ooooh! Nel frattempo organizziamo meglio la prossima settimana con il nostro referente di We-World, tra laboratori, spettacoli e spostamenti abbiamo bisogno di giornate interamente libere da qualsiasi impegno collettivo, altrimenti è facile si creino incomprensioni e conflitti.
Capiamo che anche tra le varie associazioni e comunque tra i vari referenti c’è difficoltà comunicativa, questo ci rincuora un pò.
Il paesaggio verso Svay Rieng è più verde, meno palme più risaie verdi, alberi più bassi. Le coltivazioni di loto mi fanno sbocciare il cuore.
A volte la strada è a 2 corsie affiancate ma entrambe a doppio senso di marcia. Questo ci confonde parecchio e dal nostro piccolo punto di vista è totalmente insensato. Siamo molto contenti di non dover guidare.
All’area di sosta in cui ci fermiamo per pranzo, che in realtà è più un mercato di baracche, rimango colpita dai bagni: 3 casottini in lamiera con un canale di scolo largo una spanna e mezza, di quel colore bluastro e fetido che sa di detersivi, sporco e disagio. Sbircio nelle “stanze” sul retro della struttura, le catalogo come abitazioni, tetto e qualche parete sempre in lamiera, arredate con dei letti in legno massello composti un tavolato unico al posto delle reti, il baldacchino creato con coperte. Tutto colori vividi, rosso, rosa e giallo.
Nel viaggio noto vasche/pozze scavate affianco a baracche, nel terreno rossiccio pieni di un liquido verde brillante… O forse piene di micro foglie galleggianti? immagino servano per accumulare acqua a scopo agricolo. Vicino alla strada sterrata ogni superficie è coperta di uno strato di polvere rossa. Vedo poche donne. Eucalipti e case colorate. Un raggio di sole che buca una nuvola mentre qualche timida goccia increspa il vetro e più in lontananza la pioggia vera.
Cerco di capire meglio lo khmer, qualche parola utile, soprattutto per mangiare e avere a che fare coi bimbi, come comporre le frasi. Hanno molte distinzioni, in base al sesso e alla condizione sociale (adulto/anziano, Monaco, re). Sarin prova ad aiutarmi. E poi la pioggia vera…Penso che i cappelli a tesa larga siano geniali, per l’ombra e per la pioggia.
Entrando a Svay rieng, troviamo un palcoscenico esagerato sormontato da pareti e americane, montato in piazza. Ci sono amache appese sotto la struttura, probabilmente angolini degli operai.