Giorno 0 - 25/1 : Appuntamento a Battambang
Quando si viaggia succedono un sacco di piccole magie. Forse anche nella vita quotidiana, che è poi tutto un grande viaggio, la vita dico, solo che ce ne accorgiamo meno... Come una bottiglietta d’acqua donata da una sconosciuta, proprio quando avevi sete.
O come trovare lo zaino di una tua compagna che ancora non avevi incontrato, tra i bagagli del gruppo, in uno spostamento tra una guest-house ed un’altra. *Matrona* c’era scritto sull’etichetta dell’aereo. Non eravamo nemmeno sicuri fosse già arrivata a Battambang! Puoi immaginare la quantità di ipotesi, più o meno fantasiose che il jet-le ci ha aiutato a produrre. La Matrona è stata la prima a raggiungere la Cambogia, Siam Reap, noi altri nove ci siamo incontrati prima a Bangkok e da lì abbiamo prenotato i posti su un pullman a 2 piani per raggiungere Batambang, via Poipet. In realtà più della metà del viaggio l’abbiamo fatta in due gruppi separati su dei minivan, che abbiamo scoperto di dover prendere solo all’ora della partenza prevista. Siamo saliti di corsa dopo un phat thai volante, convinti che ci avrebbero portato poco fuori dalla città per salire sul pullman grande. Il poco fuori è durato più di 3 ore, passate ad interrogarci e cercare di indovinare le sorti di questa trasferta.
Casupole in cemento lamiera e legno oltre i finestrini, sempre molto colorate. Durante il tragitto infinito andiamo avanti a fare supposizioni sul viaggio. Mett, molto saggiamente, osserva che bisogna imparare a mollare la logica da queste parti, che ci fa bene anche a noi! Guardando i campi di riso parliamo di Fukouoka della sua agricoltura naturale ed innovativa, ci interroghiamo sui dettagli della coltivazione del riso, a rotazione, in cui si lasciano “gli scarti di lavorazione “ a pacciamatura e concimazione.
Un viaggio al buio. Tutta una grande incognita fino al confine. Il grande scoglio è stata la lingua. Il furgoncino ci ha scaricato in un parcheggio a Poi Pet nel quale ci hanno stentatamente spiegato il piano: avremmo continuato a piedi superando la frontiera per avere il visto, poi in tuk tuk fino alla “stazione” e da lì l’autobus. Ci siamo sentiti un po’ dei migranti. E pensa che siamo dei privilegiati, in quanto bianchi, europei con passaporto italiano. Tu pensa! Pensa gli altri che disagio! Ricordo la conversazione con Faey avuta qualche giorno fa. Faey, cinese, mi raccontava delle sue disavventure, e richieste contraddittorie per superare i confini, perdita di aerei e soldi per cose che si scoprono all’ultimo. Veramente surreale. Lì ho capito ancora quanto fortunata sono (dal punto di vista occidentale) ad essere nata in Italia.
Durante la coda in frontiera raccolgo le primissime impressioni, proprio lì a metà tra l’ufficio tailandese e quello cambogiano. Guardo i volti che tengono per mano le voci, scopro sguardi azzurro sarcastico che parlano della scomodità dei sedili. Intanto le “Nonne” parlano di segni zodiacali cinesi. È l’anno del coniglio nero, dell’acqua ma nessuno sa cosa significhi esattamente. il Duo Razzo Duro parla di pesi e kg, da portare durante l’attività fisica, credo. Tamm isolato, dalle persone, attende con l’aria rassegnata di uno scolaretto. Ha un pipullo di capelli a forma di coda di Tortora che me lo fa sembrare particolarmente Giapponese. Il viso dolce accanto a me trova “tutto nuovo e divertente, anche per il viaggio… è tutto diverso. È solo questione di abituarsi al caos, a questa apparente mancanza di logica, che probabilmente una logica ce l’ha.”
Un occhio felino e vispo narra dei riposini acciambellata su diversi tipi di sedili e letti dalla partenza ad ora.
Poja: “Alla frontiera tutto bene, alla fine il tratto da fare a piedi era brevissimo e tutto chiaro.” Durante l’attesa in lunghissime e sinuose file, tira fuori una clava e accende qualche sorriso nel serpentone.
Prendiamo i primi Tuk tuk, degli Apecar, con dietro i sedili, sarebbero per trasportare 3 persone ma spesso caricano ben oltre il limite. Questi son tutti lucette e tendine, sfrecciano sicuri portandoci a destinazione tra il traffico completamente folle e assai roccambolesco. Da queste parti le distanze di sicurezza non esistono, la strada è tutto un grande puzzle di mezzi fantasiosi.
Tamm: “Minchia ‘o bordello! per me un bel flash, sparati dall’altra parte effetto aereo. Non riconosco nulla. La tappa a Bangkok è stata solo un lungo scalo, ancora non mi sento arrivato.” “Le città di frontiera sono ancora più incasinate”
Sull’autobus a due piani che ci porterà a destinazione arriva da dietro un leggerissimo cantare, con un filo di voce una coppia. O forse parlano, sicuramente asiatico. Sono gocce di colore che cadono nel mio cuore, propagandosi in cerchi.
Razzo: “A parte che per ora abbiamo viaggiato e basta, siamo in Cambogia! Bene, mai stato in Cambogia! Siamo anche riusciti a quagliare (partire) gran scoperta il bus-letto e abbiamo visto Napoli asiatica. Sul tuk tuk ho viaggiato davanti abbracciato all’autista.”
Nella sala d’aspetto di una delle fermate c’è un altarino, sembra cinese, sfondo rosso con oro, offerte e una luce arancione.
Da lì in poi tutto bene, l’autobus ci gasa un sacco. Era meglio di quel che ci aspettassimo: era ad un piano ma con due livelli di letti, tipo a castello, molto comodi e lucine tamarre, abbiamo riso molto. Ora il trasferimento è un ricordo divertente;
Arrivati a Batambang, alle 22 ci rendiamo conto della botta generale: eravamo convinti che la Matrona fosse lì ad aspettarci con la guest house prenotata, pur sapendo che era a Siam Reap. Hai presente? Quella sensazione che i due emisferi del cervello non comunichino tra loro? evidentemente lo scoglio linguistico esiste anche dentro di noi! In un attimo 2 prodi esploratori trovano l’alloggio per la notte, il gruppo sembra cavarsela.
Verso le 23 abbiamo un assaggio delle future difficoltà per mangiare. Troviamo un solo posto aperto verso le 23, con musica elettronica local. Ci innamoriamo subito di “Bong”una traccia rap. A quanto pare a Battambang si va a letto molto presto. Caos con le ordinazioni, brindisi khmer, “Chol Mui” col tavolo affianco, drinks e i primi stentati “Okun” (grazie).
Fa un caldo appiccicoso che permette di apprezzare la doccia fredda (no hot water) dell’alloggio.
Leggo o sento questa frase “Sorridi sempre come se sorridessi ad un bambino.” Mi illumina dentro.
Giorno 1 - 26/1: Giornata di missioni:
- Guesthouse
- Bici per isaac
- Stoffe bombolette
Sopravvissuti alla prima notte cambogiana, ci svegliamo in una città attiva, tante persone che parlano vispe una lingua assolutamente incomprensibile, moto cargo, motorini, carri trainati da moto e attività con insegne colorate, giallo giallo giallo!
Colazione tutti assieme, qualcuno sembra incazzato ma è solo appena sveglio. Decidiamo di dividerci in squadre per assolvere i compiti che ci siamo dati. Mentre cerchiamo una guest house, bimbi ci salutano sorridenti, passando per la strada e dietro le porte. Helloooo!
Quello che quando “sei a casa” faremmo in un secondo qui ci impieghiamo almeno il triplo del tempo.
La squadra stoffe è stata in due bellissimi e fittissimi mercati pieni di colori, odori, gente. C’erano vestiti da favola che costavano circa 40 dollari, fatti a mano, da noi li pagheresti 600 €. Le prime crude immagini: il pesce esposto in terra, su teli o assi al mercato e le strane vongole, impanate di sale e peperoncino, credo, che molti di noi impareranno a detestare. In un officina a bordo strada i meccanici lavorano seduti in terra senza banconi, creano e arrabattano qualsiasi tipo di mezzo. Camminando non capiamo bene quando le strade secondarie siano effettivamente passaggi pubblici e quando accessi privati, ci aiutiamo col navigatore ma siamo molto confusi… veniamo gentilmente allontanati da una zona privata in cui siamo entrati.
Alla guest-house che sceglieremo siamo accolti da un ragazzetto di 14 anni, supponiamo, con cui svolgiamo tutte le trattative. ci disponiamo in 4 camere condivise. Lì facciamo arrivare un tuktuk con tutti i nostri bagagli, ed è qui che compare lo zaino della Matrona… praticamente al mattino aveva raggiunto il primo alloggio in cui abbiamo dormito e, dopo aver lasciato il suo bagaglio, si era aggregata al “gruppo bici”che ancora non aveva attivato la sim cambogiana per comunicare, il mistero si risolve davanti ad un pasto caldo, ma poco gustoso. Dopo aver trovato una “casa”, più adatta al nostro budget, più comoda e vicina alle attività, andiamo a fare un sopralluogo alla scuola di Circo nella quale domani inizieremo la residenza che durerà fino al 29/1. Nel cammino è tutto affascinante, guardo il gruppo di nove persone davanti a me con occhi pieni di colori ed il cuore traboccante di emozioni. La gioia di essere assieme. I tagli di luce pieni di contrasti, le strade polverose e costellate di vita tra case e poi campi. Un bambino accucciato sui piedi, brucia sacchetti di spazzatura sul marciapiede in un minuscolo fuoco mentre noi camminiamo.
Tappa in un ice caffè, un chioschetto in legno a bordo strada dal quale escono 5/6 bimbetti simpatici di varie età, in un attimo ci troviamo a giocare al circo con loro e salutandoci ci regalano caramelle.
Ci sono tantissime attività, come se ogni persona se ne aprisse una, non capiamo bene cosa vendano di preciso i negozi. Motorini e macchine carichi di cose ovunque e, non c’è gente a piedi;
Le persone sono gentili ma non è facile comunicare. I bambini sono fulmini di sorrisi ed energia, ci accolgono curiosi.
La ”Phare Circus School” è in realtà un complesso di più strutture, un’accademia di Danza, Musica, Teatro e Circo. C’è persino un’officina condivisa. Sovvenzionata principalmente da fondi europei. È tutto meraviglioso e ci sentiamo come bimbi, è un posto esaltante. E finalmente siamo tutti: anche Polpett appare al baretto della scuola.
Prima di cena ci siamo spontaneamente allenati tutti assieme nel cortile spazioso della GH, mentre la numerosa famiglia che la dirige, cena su una stuoia sotto un albero. Ci regalano una torta e ci fanno video col cellulare.
A quanto pare mangiare secondo i nostri gusti qui non è così semplice. A Bangkok ci sembrava tutto molto gustoso, qui cominciamo ad accusare sapori e qualità. Noodles ordina indicando dei fagioli da un tavolo con grandi ciotole colme di misteriose brodaglie, inaspettatamente aggiungono latte di cocco, ghiaccio e sbobbe dolci. La Venerabile prende un uovo sodo che dentro è salato e amaro, ha il guscio bianco e sottile, l’incomunicabilità è tanta dunque non possiamo chiedere cosa contengono i piatti, indichiamo e speriamo. Non si sa mai cosa ti trovi in bocca. Questo è un buon lavoro sulla dipendenza affettiva da cibo.
Sono tutti incredibilmente cortesi: la guardia del market per salutarci si tira la paletta luminosa in fronte.
Ora bevendo Whiskey parliamo di come impostare la residenza. Dobbiamo ancora trovare i bamboo e la plancia.
Abbiamo brindato a Magò (la Ragazza vittima di violenze e femminicidio in brasile).
C’è un geco che fa un suono incredibile tra uno starnazzo ed un ruggito. Lo illuminiamo è bianco bello panzuto e grosso. La Matrona dice che c’è ne sono di ben più grandi.
Giorno 2 - 27/1
Pian piano ognuno di noi cerca le proprie routine mattutine. Tendenzialmente secchiate di the o caffè con ghiaccio e frutta fresca andando verso la Phare.
Ad ogni passo foto si imprimono nei nostri occhi: le mucche nei campi, il contadino che lavora appiccicato al suo cappello intrecciato. Più tardi vedo passare altre mucche lungo la strada. Il polli sono magri e alti. Vedo una chioccia con due pulcini. Bimbi ovunque.
Primo giorno di creazione. Siamo in altissimo mare, ci accorgiamo di essere nella mer.… Questo ci agita perché il tempo che abbiamo è poco e lo sentiamo tutti.
Alla Phare ci accolgono a mani giunte (saluto di grande rispetto) ci aiutano coi materiali, ci coordiniamo tra noi, suddividendo il tempo in modo da distribuire le energie nei vari numeri da creare e nelle attrezzature da finire ma prima riscaldamento tutti assieme.
Overcoffed generale. Le decisioni di gruppo sono complesse e prendono tempo, cerchiamo di non sovraffollare i discorsi con troppe opinioni personali, non è facile, proviamo. Proviamo e proveremo a trovare un equilibrio e soluzioni, tipo alzare la mano. Durante le prove parliamo spesso tutti assieme, ce lo facciamo notare e cerchiamo soluzioni, da lì ci rilassiamo un po’. Nonostante questo per ora mi sembra si stia bene nel gruppo.
Alla fine (per fortuna) non abbiamo lo spettacolo del 29, ci hanno chiesto se vogliamo comunque fare una breve esibizione per sensibilizzare all’uso della plastica. Qui si usa una quantità di plastica incredibile, spesso la bruciano assieme ai resti vegetali, sento spesso l’odore. Alla Phare cercano di contenere lo spreco ma è molto difficile. Peccato non avere nulla a tema. Ci inventeremo qualcosa.
Un sacco di bimbi e ragazzini sono venuti a salutarci e sbirciare durante il lavoro nella tenda, cercano di parlare con noi, nelle pause, spesso non capiamo se se ci parlano in khmer o in inglese per via del forte accento loro e della nostra ignoranza ma gli sguardi e la voglia di condividere ci fanno sentire vicini anche se le parole sono incomprensibili.
Oltre alle prove nel tendone, alla scuola viene decespugliato il Bambù per la Struttura di corda e la trave, Se ne occupano Nudles, Matrona e Polpett.
Salsa di Gioia, Matrona e Met proseguono, vivendosi una bella avventura nel laboratorio condiviso della Scuola. Dopo ore che sembrano interminabili e mille peripezie cercando attrezzi nell’ordine a noi incomprensibile, le zanzare e la ruggine, arrabattando soluzioni, alle 20,30 riusciamo a concludere. Mentre costruiamo la struttura gli altri pianificano la giornata di domani. Per agevolarci nell’impresa Shanti ed il Poja ci procurano una cenetta coi fiocchi, mangiamo alla Cambogiana sui gradini della guest house, con le mani e tanta gioia. …mangiamo dai sacchetti di plastica anche noi ora, rifletto, prima di partire ci confrontavamo su questo tema senza capire, come cambiano le cose quando ci sei dentro! Spendiamo mediamente 3$ a testa a pasto, spesso anche meno.
Siamo molto stanchi, abbiamo passato alla Phare 12 ore. Quasi tutti abbiamo dormito male o troppo poco.
La GH ha una bella collezione di coperte, GaieT e Mett hanno quelle con gli orsetti.
Giorno 3 - 28/1
Sempre più acidi: la parte di creazione è abbastanza complessa. Ognuno si cerca i propri modi per avere del tempo individuale.
A pranzo Acqua di cocco bevuta dalla noce aperta al momento e noodles cotti nei banchina fuori dalla scuola.
E’ già sera, odore di diossina e leggero mal di testa. Giornata intensa, bella e produttiva ci sentiamo sempre un pò stanchi.
Abbiamo finito le prove per oggi, ora siamo in fila per i biglietti per lo spettacolo che si terrà tra poco. Sono solo bianchi, in fila, ovviamente, visti i prezzi.
A cena scopriamo di dover fare spettacolo domani, quello intero. Ci prende l’ansia ma approfittando della cena facciamo un piano, alcuni saranno i numeri che abbiamo creato in questi giorni, altri numeri di repertorio tratti dagli spettacoli in “solo” di alcuni di noi. Nudle deve imparare a parlare Indian english perché nessuno lo capisce e spesso gli portano il cibo sbagliato o non gli arriva.
Il biglietto per vedere lo spettacolo di circo, stasera qui allo Chapiteau, costa 14$. Questo ci fa riflettere molto. Contando che lo stipendio medio è 210$ al mese ci chiediamo a chi sia rivolto. Ci piacerebbe che i local potessero usufruire dell’arte, d’altra parte siamo qui per questo! Infatti, a fine spettacolo i giovani presentatori spiegano che i proventi delle esibizioni servono a finanziare la scuola (oltre che gli artisti) raccontano di come gli studenti della scuola siano selezionati tra le situazioni più difficili e dalle famiglie più povere, frequentano la scuola gratuitamente. Siamo orgogliosi di sapere che gli studenti sono selezionati dai villaggi più poveri e di collaborare con questa splendida realtà. Lo spettacolo ci entusiasma soprattutto dal punto di vista tecnico, anche i musicisti sono molto presenti e bravi. Questo non fa che aumentare la nostra soggezione per la “restituzione” che ci spetta.
Dormiamo in piccoli gruppi suddivisi in varie stanze, siccome 2 erano doppie abbiamo le due coppiette felici.
Siamo Belli e non si fa dieta dall’alcool.
Giorno 4 - 29/1
Giornata di spettacolo, giornata di strippi. Abbiamo bisogno di riposo
Prove intensive al mattino e spettacolo alle 2 del pomeriggio.
La Phare aveva organizzato una giornata sulla sensibilizzazione riguardo all’uso della plastica, nella quale dopo un primo cambio di programma, avremmo dovuto fare un’esibizione sul tema, il nostro show è stata la conclusione.
Siamo tutti stanchi, Tamm è stato male tutta notte quindi lo sostituiamo in scena, aggiungendo ulteriore ansia. Per fortuna riesce a farci da tecnico risolvendo un sacco di enormi problemi. Ansia… Fatto! Andato! Portato a casa egregiamente tra improvvisazioni e patchwork vari. In scena funziona sorprendentemente bene, solo un buco nel montaggio della struttura e dietro alle quinte un bel clima. I numeri spaccano anche se Durian non si sente molto a suo agio perché non usa i volontari nel numero del ping pong. Il nuovo intro collettivo funziona, primo applauso sulla verticale, come volevamo ma manca un legante. Insomma in generale per essere una data zero, siamo soddisfatti.
Come tutte le sere ci fermiamo a chiacchierare bere e fumare sui gradini della Guest. Si parla di qualsiasi cosa. Ora un gruppetto parla di un indovino con cui ha avuto a che fare Terzani, di pong show e trafficanti di droga. Poi comincia una macedonia di idee ridicola sullo spettacolo: Polpett che balla col cappello di frutta e le maracas. Scricciolo che scricchiola tra il pubblico e non viene capito. Razzo racconta delle scimmie che si accoppiano sulla schiena del fratello: adatti al “Duo Razzo Duro” - “Circo InZir Production”.
Giorno 5 - 30 gen
Viaggio per Kampong Chnnang
Ieri sera è arrivato il pulmino con l’autista che abbiamo soprannominato Guido ma il suo nome è Sarim o Saarin.
Stiamo prendendo il caffè in un negozietto che fa il The nella macchina da bar del caffè espresso, con vista sui lavori stradali, altro che “umarel”, qui c’è della suspence vera. Il barista posa la polvere di caffè nel filtro della macchinetta da bar prima d’intazzare.
Fa freschetto, è stata dura farsi la doccia fredda. La sera ci siamo coperti con piacere.
E si parte, tappa a Phare per caricare il materiale nel pulmino. Come immaginavamo manca un posto, stiamo in 4 nella prima fila che non ha i braccioli ma si intuiscono i montanti di metallo oltre l’imbottitura… e sarà così per sempre (tutto il viaggio). Cominciamo subito ad arrabattare soluzioni più o meno punk per accomodarci meglio. Incredibilmente ci sta tutto sul furghino: La struttura di corda, un bambù da un metro ed uno da 4, una bici mezza smontata, tutto il materiale dei laboratori ed i nostri zaini, e noi! 11 umani.
Bel viaggio ci confrontiamo riguardo alle esigenze per gli ostelli, smangiucchiamo, chi legge e chi scrive e le socialGaie che fanno piani per la comunicazione.
Vacche magrissime nei campi e a lato della strada. Coltivazioni di loto, estremamente poetiche.
Ne approfittiamo per provare Bajana, ovviamente in uno spazio così piccolo ci si infastidisce, quando finalmente ci capiamo e riusciamo a cominciare coordinati le prove, Guido si ferma per il pranzo.
A Nudle puntualmente gli arriva La zuppa sbagliata. Ci riprova ma le patate sono crude. Il resto di noi è molto soddisfatto anche se era un po’ caro. Assaggiamo le misteriose vongole, a qualcuno piacciono ma in generale non riscuotono un successo.
Guido viaggia tranquillo questo ci mette serenità. Campi di riso e palme, erbe e grani, le mucche ed i polli che camminano tra le palafitte scorrono fuori dalla nostra bolla viaggiante.
Gli unici biscotti cioccolatosi decenti per qualità-rapporto-prezzo sono gli oreo e quelli all’avena con il pacco giallo. Bene perché sono vegani, male perché quelli gialli dentro hanno dei mini pacchetti con 3 biscotti ed è tutto plastica.
Durian blatera/canticchia fa battute spesso e poi se la ride da solo. Kampong chhnang significa porto delle pentole di terracotta. Riconosciamo la prima farmacia.
Arriviamo e in un attimo prendiamo accordi vantaggiosi con la guest house. Bella verde con terrazzine, è fantastica. Alla Garden Guest House di Kampong Chhnang, hanno un mini cane che si chiama bingo. C’è un albero di durian carico di frutti enormi, Durian is Duran Duran o banananas. Cresce con un grosso tronco rugoso proprio davanti all’entrata della nostra “ala”, scalpitiamo per assaggiarne i frutti. Profumo di fiori, simili al gelsomino, ma prima sono Rossi e poi bianchi, è una pianta rampicante molto estesa che fa da tettoia all’ingresso delle camere.
Il gruppo ed il confronto con gli altri è un’opportunità eccezionale di crescita personale.
C’è ancora tanto da preparare per lo spettacolo, sia di prove, sia musicalmente ma anche a livello pratico. Dopo cena concediamo tempo allo svago sulla terrazza di uno dei tanti bungalow. Riprendiamo a lavorare sulla canzone sotto la direzione della Matrona prima voce, di Durian scacciapensieri e rap e del Poja alla batteria. Gli “anziani di Circo Inzir” ci raccontano aneddoti dei progetti passati. Belle risate. Parlandone, ci rendiamo conto che ci piacerebbe anche fare cose più estreme e dormire sotto le stelle. Siamo molto fortunati ad avere qualcuno che ci ha organizzato il tour ma ovviamente questo comporta meno libertà e meno stress. Anche avere un minivan con autista è una gran bella storia.
Questo giorno di viaggio/riposo ha contribuito ad abbassare il livello di stress generale. Sicuramente stiamo anche cominciando a capire come interagire all’interno del gruppo.
Durian ha mal di testa, non risparmia gli antinfiammatori che si è portato previdentemente.
Voci allegre a parlottare arrivano come melodia dal corridoio. Un leggero crepitare di grilli in sottofondo, ogni tanto latrati di cani. I paesaggi di oggi mi scorrono vivaci dietro le palpebre assieme ai carretti con un enorme mucchio di paglia sopra, decisamente sproporzionati.
La Luna Sorride. In Italia ci sono 2 gradi.