Un bentrovati da Mr. Iukulele!
Tocca felicemente a me la chiusura di questa scrittura collettiva che ci e vi ha accompagnato lungo la nostra esperienza etiope.
Insieme a Mr. Nokia, Mr. Bagiage, Miss. Mirinda Uè Uaar, Miss. Samosa, e Miss. Mimo vi abbiamo descritto ciò che abbiamo visto e anche no, il visibile e l’invisibile, sperando di essere riusciti nell’ardua impresa di farvi vedere e sentire ciò che noi abbiamo visto e sentito.
Prima di passare alla parte finale di “Looking Like Farenji” eccovi le riflessioni di Miss Samosa, integrate in questa parte di diario dal titolo:
“ La polvere è come il passato, torna sempre! E anche noi.”
Eccoci qui amici, lettori, uditori..
Mi presento sono la “scrittrice” di questo piccolo e quasi ultimo capitolo, mi chiamo Miss. Samosa, la vostra nuova Guida che vi dirà solo qualche riflessione personale.
Siamo alla fine, i video di Boa ed i miei amici vi hanno già raccontato praticamente tutto, ora si tirano un po’ le somme di questo viaggio: impegnativo, sorridente ed intenso.
Dopo cinque settimane in Etiopia, posso dire di iniziare a entrare con l’unghia dell’alluce nel pensiero Etiopico… anzi, no, troppo! Ci vogliono anni e anni per entrare e capire,“forse”, ma posso affermare che da qualche giorno mi sento un po’ a casa, faccio compere da sola, so cosa sto ordinando al ristorante e struggo al pensiero che stia finendo.
In questo viaggio abbiamo visto tantissimi panorami diversi, incontrato e conosciuto persone che parlano lingue diverse (anche tra loro), ammirato animali ed insetti dei documentari, bevuto Spris juice buonissimi e bevande non riconosciute meno buonissime, fatto migliaia di km sui nostri pulmini, mangiato capre e cavoli con le mani, strappato applausi e sorrisi a migliaia di persone di tutte le età ed etnie, visitato case in paglia e fango ma la cosa che ci ha accompagnato dall’inizio alla fine è: la POLVERE.
Polvere che ci è entrata nei vestiti, nelle scarpe, negli occhi, nel naso, che ci ha fatto scricchiolare i denti e che ci ha fortificato. Ora ha cambiato forma, si è compattata al nostro interno ed è diventata una splendida gemma. Ognuno di noi Inzirini la porta dentro, ognuno l’ha colorata in modo diverso ma proviene dalla stessa terra. La stessa che all’inizio ci soffocava, ci infastidiva, faceva piangere, tossire, tappare il naso, ora la portiamo dentro, contenti e fieri di averla mangiata perché ci resterà dentro per sempre, e quando l’andremo a riguardare, ci strapperà un sorriso…
Lascio che il Nostro e Vostro (un pò di tutti e di nessuno) Mr. Iukulele vi racconti gli ultimi giorni…
Grazie per la Vostra lettura e la Vostra pazienza…
“Dentro un raggio di sole che entra dalla finestra, talvolta vediamo la vita nell’aria. E la chiamiamo polvere”.
Stefano Benni
Il rientro alla contea
Da 13 giorni in Italia…
Non farla troppo traumatica, non farla tragica, non esagerare dai!
Non può essere che tutto quello che ti poteva dare fastidio o ai nervi in Etiopia, adesso ti manchi…dai ma non può essere!
E invece è così, un’immediata nostalgia, una forte sensazione di non aver capito, infine il dubbio e anzi la certezza che non ci fosse niente da capire, ma solo da vivere…mal d’Africa!
Dove sono tutti gli animali ammassati per le strade, i muli immobili come statue, le donne dai vestiti coloratissimi, i visi sorridenti o curiosi, i vicoli scuri pieni di persone, i mercati?
Tutto Finito, bruciato in due secondi dalla frenetica rapidità con cui tutti si muovono a comando appena scesi dall’aereo a Milano correndo verso i bagagli, e poi via verso altre corse, in cerca di un arrivo, senza prendere in considerazione che magari la corsa stessa può essere l’arrivo.
In un solo cambio di ritmo e velocità la comprensione dell’essere riapprodati verso il mondo conosciuto, dove tutto funziona come sai che funziona, niente sorprese, niente esitazioni, niente dubbi, le maschere bianche non guardano neanche le altre maschere bianche, pensando di sapere già come sono fatte e quali storie raccontano.
L’uovo prossemico ripristinato, le distanze di nuovo rispettate, l’educazione e il silenzio, la società civile, barbaramente tecnologica!!!
Eppur qualcosa è cambiato…
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Ma facciamo un passo indietro, anzi tre…
3 giorni
3 giorni e il nostro viaggio sarà finito.
niente più polvere, niente più caos, niente mercati giganti, niente animali per le strade, niente urla niente cerchi di persone attorno a te o ai compagni di viaggio…niente Ngera!!!
Dove siamo?
Da Ziway ad Addis Abeba…questa parte di viaggio non è lunga, ormai i nostri culi si sono abituati a ben di peggio, forme ormai totalmente plasmate nei sedili del nostro “Level 1, bruco mela” il pullman.
Sulla strada del ritorno, si tenta sempre di guadagnare qualche minuto in più. Insieme al viaggio fisico inizia quello mentale, un accenno di riepilogo, le immagini si affacciano alla finestra della mente, come sirene ti richiamano, piegando alla malinconia anche le menti più forti. Chi non vuole guardare dal finestrino per non vedere il progressivo avvicinarsi delle strutture architettoniche industriali, chi scherza con Idris, chi prova a finire Ebano di Kapuscinski, perché Nicolò ha messo una gran ansia a tutti che deve essere letto perché è un libro unico, e non vi ricapiterà più di leggerne di così belli.
Arrivati di nuovo nell’oscura Addis, salutiamo la nostra coppia comica preferita etiope, ovvero il nostro autista Derebé detto Birba, e Idris il suo assistente, detto Botta. Ci mancheremo…in questo tempo trascorso assieme sono diventati parte integrante del Circo Inzir, tra scherzi, momenti di tensione, dialoghi, montaggi e smontaggi di strutture, hanno capito cosa siamo venuti a fare e con quale intenzione. Ho in mente alcuni bei momenti con il malinconico Derebé: una “merda”(rito propiziatorio per la buona riuscita dello spettacolo) prima di uno spettacolo fatta assieme a lui, e una sera che guardando Gera ballare ha iniziato a ridere a crepapelle. Cose semplici, per ricordi semplici…e ho in mente molte belle scene anche con Idris, che non vuole che Nicolò e Dario si diano schiaffi(anche se finti, per un numero di clown)e che si arrabbia perché non vuole che le persone si facciano male, oppure che tira dall’autobus preziosissime bottiglie di plastica vuota ai bambini perché le possano rivendere a 5 Birr l’una, oppure il suo fantastico linguaggio senza suoni(nessuna comunicazione in inglese possibile in nessun modo)degno di Marcel Marceau. Cose semplici, per ricordi semplici…
Il viaggio non è però ancora finito!In tre giorni faremo ancora 4 spettacoli ad Addis!
Uno spettacolo alla scuola italiana, uno con i ragazzi di strada alla Bosco Children, e due al Fekat Circus.
Circo Inzir insomma chiude alla grande, in un mese 17 spettacoli, di cui 9 con la struttura per le aeree, più di 2000 km percorsi, febbri e diarree distribuite equamente nel gruppo, nessun morto, 5 ruote forate, due cambi di pullman, 1 tirocinante, infinite discussioni, un bimbo con la canottiera blu che ogni tanto sbucava in autobus, quintali di Ngera, litri e litri di Spriss Juice.
Fare spettacolo in questi ultimi giorni ad Addis è tutto in salita , l’energia del gruppo è buona, anche se la stanchezza è tanta. Alla scuola italiana sono preoccupati perché ci saranno 400 persone tra bambini e ragazzi. Proviamo a spiegare che abbiamo visto di molto peggio.
Proviamo a fargli capire che non ci fa più paura niente.
Siamo diventati duri e tosti.
I nostri volti, spietati, fanno capire alle maestre che la sfida che ci hanno proposto è una robetta da niente…sputerei in terra se non fossi in questo momento a scrivere nel salotto di casa mia.
Lo spettacolo va bene, è l’inizio della fine della nostra esperienza, i bambini e i ragazzi si divertono, noi anche!
La direttrice dell’istituto italiano di cultura, si presenta e si scusa a nostra esperienza quasi conclusa, perché si, effettivamente la vostra mail in cui chiedevate un supporto logistico ci era arrivata a inizio Gennaio, ma in mezzo a tante mail sai com’è sai come non è non l’avevamo vista, e speriamo che comunque il vostro viaggio sia andato bene, mi è stato detto che ve la siete cavata benissimo, grazie mille di qua, su e giù a destra e a manca…
“Ma verrete almeno a vederci far spettacolo al Fekat Circus in questi giorni?” Chiedo io
“Certo, senza dubbio.” Risponde lei
Mai più visti…
Ovunque la bellezza e soprattutto mi viene da dire l’efficacia delle istituzioni è uguale, si rendono conto di quello che sta succedendo quando è troppo tardi, quando gli è già passato tutto sotto al naso, quando tutto è finito e andato oltre.
Per questo quindi grazie, grazie ancora a tutte quelle realtà che invece sono in ascolto, che ci hanno supportato e sopportato magari con meno mezzi ma con molta determinazione, spensieratezza e fiducia, senza neanche conoscerci, senza aver avuto bisogno di credenziali o eccessive formalità.
Realtà come ad esempio il Fekat Circus, associazione, non istituzione, che promuove circo, tra mille difficoltà ma con tanto coraggio.
Lo spettacolo alla Bosco Children, comunità salesiana che lavora con i ragazzi di strada per aumentare il livello scolastico e per imparare a fare lavori manuali, ci riporta in dimensioni più vicine alle caratteristiche del nostro viaggio.
Ragazzi di strada…quelli che vedi continuamente in giro per la città, a gruppi o solitari, che elemosinano, vivendo alla giornata. Fare spettacolo per loro è un piacere, poter regalare qualcosa di immateriale, non tangibile, ma essere diffusori di emozioni, anche se piccole.
Il circo è anche questo…la narrazione non è chiara, non si sa bene quali eventi o incidenti storici abbiano fatto in modo che l’uomo iniziasse a tirare oggetti in aria e a riprenderli, a fare evoluzioni acrobatiche, ad arrampicarsi su corde, tessuti o a coinvolgere le altre persone in dei momenti di gioco. Ma è li, nel presente, al servizio del pubblico, pronto a manifestarsi come uno spirito, per la sola esigenza di esistere e di comunicare e condividere l’assurdo.
Nei due giorni successivi facciamo due spettacoli al Fekat Circus. Sono gli spettacoli che ci fanno proprio capire che l’esperienza si sta concludendo…il primo va bene anche se con qualche intoppo(una struttura montata da noi per slackline, non regge durante il numero e crolla, creando un po’ di panico a noi del gruppo). Il secondo spettacolo va meglio…ultima merda di gruppo e si va in scena tutti assieme in Etiopia per l’ultima volta, come guerrieri sgangherati, poeti senza patria, viaggiatori allucinati, profeti screditati, giullari scalmanati, ciarlatani spensierati!
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Se me l’avessero detto non ci avrei mica creduto…
Ce l’abbiamo fatta!Con soli due dispersi viaggiatori ancora in giro per l’Etiopia, il resto del gruppo è tornato!Peggio per voi, per quanto ogni volta ci aiutate a partire noi come un boomerang vi torniamo indietro!
Circo Inzir. Entità energetica, come direbbe qualcuno…
Il circo, un incredibile forza, una grande scusa, che ci fa camminare, spostare, andare avanti, dubitare, incontrare e riflettere.
Ci fa cercare la libertà!!!Non è nel guadagno economico che avviene la realizzazione personale, ma nella scoperta del proprio potere creativo e personale, nella possibilità di essere giganti, nell’incredibile capacità di cambiamento che possiamo realizzare nel mondo reale.
Della fantasia abbiam fatto lavoro e mai nessun ci fermerà!
La voglia immediata di ripartire, la sensazione impalbabile di un sogno fatto e che si sta già disgregando, dissolvendo, l’aver visto per l’ennesima volta un altro mondo, con altre regole e ritmi ma sullo stesso pianeta, rende fragili, smarriti, ma allo stesso tempo solidi come rocce.
La sensazione sempre più incessante che tutto è qui e adesso, tutti i mondi assieme, l’Etiopia, l’Italia, il Circo Inzir, il Fekat Circus…nomi per distinguere le differenti storie e percorsi, ma sapendo sempre di più che il cammino è uno, e tocca farlo a tutti, è lo stesso e bisogna approfittarne con serenità e spensieratezza, rendersene conto prima che sia troppo tardi e goderselo con gli altri.
Il proseguire un passo dopo l’altro, ognuno con il suo ritmo e la sua velocità, chi a tempo di blues di Bombino, chi al suono di djembé, chi con passi di danza, chi zoppicando, chi più veloce chi più lento…lasciare ai posteri storie di un’umanità che collabora, leggendaria nei suoi gesti d’altruismo, insuperabile nell’ospitalità, nel rispetto reciproco, e nella collaborazione.
Sarebbe bello, e soprattutto perché no?
Come diceva Abba Dino, non far prevalere una cultura su di un’altra ritenendola migliore, ma prendendo da ogni cultura gli elementi migliori, per creare una nuova cultura, o rigenerare la propria.
Prima di prendere l’aereo finiamo in un locale in cui vediamo danze e canti tradizionali, e una loro forma di giullare cantastorie che, suonando uno strumento monocorda, passa tra i tavoli prendendo in giro le persone sedute. I danzatori muovono le schiene a velocità impressionanti, le cantanti e il giullare ricevono birr dai clienti per le loro prestazioni.
La velocità delle schiene dei ballerini maschi è impressionante, e nello stesso modo la testa delle ballerine, che sembra quasi staccarsi. Il tutto accompagnato da scomposizioni impressionanti del corpo.
Una coppia etiope di fianco a me mi guarda e mi chiede: “Che ne pensi?bello No?!
Ed io trasognato, guardandoli sorridente penso: “Uaoh…si…Bello!”
Mr Iukulele, chiude qui questa esperienza di diario collettivo, Looking like Farenji, e ringrazia tutti, chi ha scritto, chi ha montato video, chi ha letto, chi ha contribuito, energeticamente ed economicamente.
Un grandissimo grazie a chi ha fatto si che questo nostro viaggio avesse un buon esito, sapete chi siete, non vi citerò uno ad uno, ma a tutti voi sono rivolti i nostri più felici pensieri.
“E un poeta disse: Parlaci della Bellezza.
Ed egli rispose:Dove cercherete la bellezza, e dove pensate di trovarla, se non sarà lei stessa vostra via e vostra guida?
Come potrete parlarne, se non sarà lei stessa la tessitrice del vostro discorso?”
Khalil Gibran – La Bellezza